La testa piena di droga by Vittorino Andreoli

La testa piena di droga by Vittorino Andreoli

autore:Vittorino Andreoli [Andreoli, Vittorino]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2008-07-14T22:00:00+00:00


L’uso moderato

C’è chi dice di aver dovuto bere alcoolici, pur non amandoli, magari su consiglio del medico per «tirar su la pressione», ma dobbiamo riconoscere che si tratta di eccezioni, se non di scuse. Anzi di solito succede il contrario: si beve contro il consiglio del medico.

A volte si è letto sulla stampa quotidiana che un’assunzione moderata di alcool è associata a diminuita incidenza di malattie cardiovascolari. Tali affermazioni sono sostenute da studi comparsi su riviste mediche specialistiche. Essi, condotti con criteri epidemiologici corretti, orientano verso la conclusione che tra i bevitori moderati vi sarebbe un tasso di mortalità coronarica inferiore rispetto ai non bevitori, indipendentemente dal tipo di bevanda alcoolica usata. Questo effetto benefico sarebbe imputabile a un aumento di particolari proteine del plasma, le lipoproteine HDL, che costituirebbero un importante fattore anti-aterogenetico. Vi sono dati per pensare che l’alcool aumenti queste lipoproteine, ma l’utilità di tale effetto è messo in dubbio dal fatto che si è osservato che, di queste lipoproteine HDL, l’alcool aumenta la sottofrazione 1 invece della 2, che sarebbe quella dotata delle funzioni protettive sopra descritte.

Altri studi hanno prospettato un’azione inibente dell’alcool sulla formazione di calcoli delle vie biliari. Anche in questo caso le conclusioni si basano su dati epidemiologici, mentre il meccanismo è, per ora, soltanto ipotetico.

Tutti questi studi concordano su una osservazione, e cioè che gli eventuali (il condizionale è d’obbligo) effetti positivi dell’alcool sono validi solo per dosi modeste (diciamo meno di mezza bottiglia di vino, o il suo equivalente alcoolico, al dì). Con dosi superiori i benefici svanirebbero; nei forti bevitori, infatti, sarebbe più frequente e grave la stessa patologia sulla quale l’alcool ha azione preventiva a basse dosi.

Uno degli studi sopracitati conclude testualmente: «Il nostro studio è stato condotto su individui sani, normolipemici, che assumono dosi moderate di alcool. L’alcool in quantità superiore, soprattutto in soggetti suscettibili, può indurre ipertrigliceridemia. Un aumento dei trigliceridi plasmatici costituisce non solo rischio di malattie cardiovascolari, ma è anche associato a una aumentata incidenza di calcoli delle vie biliari. Per concludere, dosi superiori di alcool rispetto a quelle usate nel nostro studio possono non essere necessariamente protettive nei confronti di questa malattia».

Il problema non è di insegnare alla gente a bere una quantità moderata, perché la maggior parte lo fa già per conto suo (in effetti gli astemi sono pochi), quanto di fare bere meno i numerosi individui che bevono troppo. In un contesto dove i confini tra consumo moderato ed eccessivo sono così labili e le pressioni al bere così forti, sembra prematuro e rischioso incoraggiare, in vista di un possibile effetto benefico sulla malattia coronarica, abitudini già soggette, per influenze culturali, al rischio di abuso.

In teoria, notizie come le precedenti dovrebbero tendere a ridurre il consumo, ma in pratica finiscono per giustificare nella loro abitudine i forti bevitori o per creare nuovi adepti, dei quali, su base statistica, sappiamo già che un certo numero diventeranno bevitori eccessivi. Sarebbe come chi, affetto da una grave patologia alcoolica, dovesse scegliere tra due consigli, quello



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